Qualcuno ha scritto che cambiamo storie come si cambiano vestiti e, allo stesso modo, come esseri umani siamo costantemente alla ricerca di qualcosa di comodo e confortevole. Non necessariamente giusto. Non necessariamente buono. Non necessariamente vero.
Per questo che alcune storie con un fondo di verità, opportunamente distorte e semplificate, hanno tanto mercato: “Esiste solo il qui ed ora”, “Il fallimento è fondamentale per riuscire”, “Il futuro è imprevedibile e quindi perché progettare?”, “Chiedi all’universo e sii positivo”, “ Il tuo io interiore sa cosa è meglio per te” e via proseguendo.
Ogni favola che insomma abbia la capacità di risolvere i problemi quotidiani con un “non è colpa mia” o un “nessuno mi capisce” vende alla grande a coloro che sperano che si possa davvero dimagrire mangiando tutto ciò che vuoi o che ci si possa arricchire solo alzandosi dal letto un’ora prima.
Di questi tempi, viceversa, indossare gli abiti della prudenza, della responsabilità e della pazienza, appare fuori moda e paradossale.
Eppure, mai come in questa società liquida, in cui tutto è cambiato e tende a cambiare continuamente, questo approccio potrebbe invece avere senso e rappresentare il vero vantaggio competitivo.
È una regola del mercato: meno persone sono disposte a svolgere una attività e più quella cosa acquisisce valore.
Quale? Aspettare, ad esempio.
La grande partita delle nostre esistenze, anche in una società globale e digitalizzata, si gioca lungo un orizzonte temporale.
Quando tutti acquistano e indossano i panni della cicala, scegliere quelli della formica potrebbe essere rivoluzionario.
Ma si può essere pazienti e prudenti in una società impaziente e innovativa?
Anche questo ha a che fare con le storie che ci raccontiamo.
Tagliare con l’ascia ciò che necessiterebbe di un bisturi, è una storia.
Dividere tutto in bianco e nero, in amici e nemici, in vecchio e nuovo sono storie.
Ignorare le sfumature, le nuance dei grigi e i mezzi toni sono storie facile da capire ma fuorvianti.
Micro velocità e macro pazienza.
L’orizzonte temporale è lastricato di paradossi e bias cognitivi, distorsioni del pensiero che ci rendono individui creduloni e ciechi.
Esaltiamo la lentezza come valore assoluto.
Perché sorseggiare lentamente un buon vino o dedicare, lunghi tempi ai nostri affetti è una buona cosa ma questo ci spinge a credere che lo sia sempre.
Essere lenti non è un bene quando dobbiamo consegnare un risultato professionale né quando dobbiamo trovare un lavoro.
Ho lavorato in aziende dalle grandi visioni ma in nessuna ho visto ben tollerato il passo lento di un dipendente o i ritardi nelle consegne.
Lento non va sempre bene.Va bene a volte.
Così come essere veloci non va sempre bene.
Lasciare un lavoro e aprire una startup su due piedi può apparire una scelta moderna e veloce ma è spesso il modo più celere per giocarsi la propria esistenza in una sola mano di carte.
Avere un’idea e metterla in campo in pochi minuti rispetta l’idea per cui “execution is the key”, tanto cara in questi tempi, ma viola il principio per cui fare la cosa giusta è meglio che farla bene. E per fare la cosa giusta, di solito, serve pensarci per bene e serve tempo.
Una buona cosa potrebbe essere trovare un equilibrio in mezzo. Un equilibrio dinamico per cui a volte scegli di andare piano ed altre di proseguire spedito.
La velocità con la quale operiamo sul mercato condiziona i risultati nel breve termine quanto i nostri successi futuri. La pazienza di ottenere benefici condiziona però la velocità che impieghiamo nelle nostre vite e dunque i risultati di domani.
Micro-velocità: è l’impegno rapido da applicarsi in tutte quelle azioni che abbiamo individuato come necessarie per il raggiungimento di un obiettivo. Azioni che dovremmo riuscire a mettere in pratica “senza se e senza ma”, con una sorta di pilota automatico. Consegnare velocemente un lavoro è l’esempio più banale, ma in questa categoria rientra anche la preparazione, il tempo che impieghiamo per apprendere continuamente e ogni giorno… rinunciando alla serie Netflix della quale tutti parlano come se fosse il vero punto per rendere significativa la vita.
Macro-pazienza: è la visione che ci permette, pur essendo veloci nel quotidiano, di sopportare i sacrifici, gli sguardi critici della gente, la pena del duro lavoro senza i risultati quotidiani. Convinti che ciò a cui aspiriamo arriverà. Supportati da quel “perché” che, per dirla con Nietzsche, sopporta ogni come.
Micro-velocità e Macro-pazienza, un ossimoro necessario per provare a cavarsela in questo mondo. Un mondo in cui nessuno sembra avere più pazienza.
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