TEMPO LIBERO

Diventare superuomini - Meditare per essere

Demetrio Battaglia
Demetrio Battaglia
30 agosto 2022
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Diventare superuomini - Meditare per essere
Con quest’articolo forse troverò molti di voi, cari lettori consapevoli, già su qualche sdraio o su qualche sentiero montano per cui non desidero tediarvi con argomenti troppo complessi e tantomeno eccessivamente cervellotici.

Capita spesso, in sala di meditazione, durante qualche feedback, che un allievo mi ponga la fatidica domanda: “Ma se medito a lungo e con costanza posso acquisire dei poteri? Come ad esempio la telepatia?”

Di norma cerco di eludere la risposta dicendo che è poco pertinente e che spesso, tali domande, sorgono da errate cognizioni sulle meditazione, ma a volte mi spingo un po’ oltre e provo a rispondere. Chiaramente un tema così vasto e spigoloso non può essere esaurito in queste poche righe, ma proverò a dare un orientamento a quelli che, nella tradizione induista e nel buddismo tantrico vengono chiamati Siddhi.

Siddhi è un termine sanscrito che potremmo tradurre, nemmeno tanto accuratamente, con “poteri spirituali” o “abilità psichiche” e si tratta di alcune capacità che in ambito spirituale possono sorgere spontaneamente durante il lungo percorso di autoconoscenza e di affinamento del sé. Questa facoltà hanno nomi molto conosciuti in occidente proprio perché, i primi occidentali che si recarono in India, li conobbero e ne furono molto colpiti: “Chiaroveggenza”, “Chiarudienza”, “Psicocinesi” e altri sono delle facoltà che, a detta di quelle vie di ascesi, possono affiorare in chi percorre quei sentieri.

Lo so, molti di voi staranno storcendo il naso, eppure i testi (alcuni scritti da affidabilissimi ricercatori) raccontano di innumerevoli ciarlatani e mistificatori, ma anche di alcuni, rari individui in grado di utilizzare facoltà inusuali in un normale essere umano.

Vi è un importante punto che ogni ricercatore in cammino sul sentiero spirituale dovrebbe tenere ben presente: “Non si praticano mai discipline spirituali per raggiungere i poteri o coltivare le facoltà superiori, i Siddhi…”

Percorrere il Sentiero non è correlato allo sviluppo di chissà quali poteri, la ricerca di queste facoltà non ha a che fare con la Via della Liberazione, con la completa realizzazione del proprio Sé Interiore. Anzi, è molto facile che tutto questo sia solo un modo per allontanarci dalla meta, di rallentare significativamente i nostri passi in direzione del nostro vero Sé.

Praticando a lungo e con certe tecniche si possono affinare i sensi, si può diventare molto più sensibili della normalità, ma questo potrebbe alimentare in maniera subdola il nostro ego, rendendoci orgogliosi, vanitosi e facendoci perdere il vero intento del nostro praticare.

Vi lascio a un famosissimo aneddoto buddista cosicché sia chiaro ciò che intendo: “Si racconta che il Buddha entrando in un luogo boscoso incontrò un meditante “santone”. Questi, alla vista del Buddha, gli andò incontro pregandolo di dare un giudizio sulla sua ascesi protratta per tanti anni.
Nei pressi scorreva un grosso fiume e il “santone”, levitando, attraversò le acque. Quando ritornò al cospetto del Buddha sollecitando qualche parola, il Buddha, per nulla turbato, chiese: “Quanto tempo hai impiegato per acquisire questo potere di levitazione?”. Il “santone” rispose: “Venti anni”. E il Buddha: “Io con cinque rupie attraverso questo fiume con una barca in cinque minuti.”

Auguro a tutti voi un’estate felice, spensierata, e ricca di consapevolezza!

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L'autore

Demetrio Battaglia

Ricercatore, scrittore e informatico