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Spazio Zen - Novembre 2022

Gianni Zen
Gianni Zen
26 ottobre 2022
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Spazio Zen - Novembre 2022
Una di queste mattine, andando a scuola per seguire questo complicato anno scolastico, mi è rimbalzato alla radio un verso di una bella canzone di Vasco: “Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l'ha”.
Mi sono così chiesto: ma la scuola, assieme alla famiglia, non è chiamata a prendere sul serio questo verso, magari anche contestandolo?
In che modo? Anzitutto chiedendosi: un senso non c’è proprio, o sono io che non l’ho ancora trovato? E poi: dicendo che un senso non c’è, non è forse questo il senso, cioè un senso in negativo, per cui non resta che rifugiarsi solo nella distrazione, nei mille rigagnoli di quello che Pascal chiamava “divertissement”, per placare quella domanda che non ci dà pace? Come dire, meglio non pensarci e lasciarsi andare al solo “principio di piacere”, forse non sapendo che questo stesso principio, per Freud, prima o poi si sarebbe comunque scontrato col “principio di realtà”. E cosa ci fa intuire questo rimando alla realtà, se non la domanda di verità della vita?
Perché intanto la vita continua, e se la vita, si diceva un tempo, fosse anche una tribolazione, per tribolare bisogna pure che un senso ci sia.
Non sono domande o questioni astratte, ma talmente concrete da sembrare astratte. Mentre astratti sono quei modi di vivere che rimangono in superficie, che svolazzano tra un carpe diem, male inteso, e un altro, nella speranza di non atterrare mai, per non fare i conti con la scorza dura della vita. La quale, prima o poi, il conto lo presenta.
Quando a scuola, ed è capitato più di una volta, qualche ragazzo si lancia in accuse di astrattezza nei confronti della matematica sono solito rispondere: prova per un momento a cancellarla dalla vita quotidiana. Provare per credere.
Che cos’è la matematica, assieme a tutte le altre materie scolastiche, se non una finestra sul mondo, una forma cioè di leggibilità della nostra vita?
Proprio per questa ragione vivere, potremmo dire, è “cercare la verità”, senza fermarsi all’apparire delle cose e di se stessi.
Ma, mi permetto di rilanciare: si può cercare ciò di cui non abbiamo nessun sentore? In altre parole, per cercare (pensiamo qui alla scuola, all’università, a tutto il mondo della formazione, ma, prima ancora, alla vita stessa come palestra del nostro esistere); per cercare, dicevo, devo sapere cosa e come cercare, altrimenti brancolerei nel buio. Ma, al tempo stesso, proprio perché cerco devo essere consapevole di ciò che non so, altrimenti non cercherei.
Dunque, cercando sappiamo e non sappiamo al tempo stesso.
La verità (assieme agli altri modi dell’essere-vero, cioè il bene, il bello, il giusto, il buono) è perciò l’orizzonte del nostro essere, la ragione del nostro vivere, sapendo per esperienza che il cammino è sempre fragile e mai determinato e concluso.
In tutte le questioni, universali e specifiche, è proprio perché esiste la verità che la si cerca, anche se nessuno potrà mai pretendere di possederla, di conoscerla e praticarla in assoluto.
La verità, perciò, è ragione di sè e, nello stesso tempo, della possibilità infinita degli errori, delle incomprensioni, delle falsificazioni. Perché senza un’idea del vero non posso nemmeno farmi un’idea del falso.
E questo è il bello della vita, in tutte le sue manifestazioni e sfaccettature.
Foriero di quel pensare positivo, nonostante tutto e tutti, che alimenta il valore della vita, oltre le mille facce di quello scivolamento verso un pensiero negativo bene rappresentato dal grande Vasco nel suo verso.
Ma perché ci possa essere o possa maturare in tutti questo pensiero positivo ci deve essere in tutti, a partire dalla famiglia, dalla scuola, dalle mille relazioni, dal mondo del lavoro, anche dalla politica, quella fiducia reciproca che non si lascia schiacciare dalle tante logiche negative, quelle che ci dipingono eterni adolescenti sempre rannicchiati a contemplare il proprio ombelico, le proprie idee, convinzioni, rappresentazioni, micro interessi.
No, la vita è un orizzonte sempre aperto, che chiede umiltà, cioè consapevolezza del valore ma anche dei limiti.
Allora se la vita, a volte, è una tribolazione, in fondo in fondo è comunque sempre una bella tribolazione, che vale la pena viverla. Anche con un pizzico di quella autoironia che non guasta mai.

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L'autore

Gianni Zen

Gianni Zen, laureato in filosofia, ha dedicato la sua vita professionale alla scuola, prima come docente e poi come dirigente scolastico in importanti scuole del vicentino quali l’Istituto Rossi di Vicenza e il Liceo Brocchi di Bassano. Sotto la sua guida il liceo bassanese ha conosciuto una crescita repentina fino a diventare il secondo istituto d’Italia per numero di ragazzi frequentanti. Persona estremamente attiva, è da sempre sostenitore di una grande riforma del mondo della scuola. In “Spazio Zen” dirà la sua su temi di attualità legati al mondo della scuola e del lavoro.