Musina: l'arte del risparmio

 Le nostre case sono ripiene di oggetti che usiamo ogni giorno, mentre altri hanno funzioni speciali. Tra questi ultimi ve ne sono alcuni dalle forme particolari e molto specifiche, ad esempio la musìna (in veneto: il salvadanaio). 

La sua forma iconica, quella sorta di vaso chiuso col pomello in cima, dalla base larga e dai fianchi belli tondi, accende in tutti noi il pensiero legato al risparmio, al suo essere oggetto dell’infanzia e adolescenza. Perché l’arte del risparmio si impara (o si imparava?) fin da piccoli, seguendo i consigli dei genitori e iniziando a riempire quello strano contenitore grazie all’aiuto di nonni, zii e parenti. 

L’origine di questo particolare strumento del risparmio risale a epoche passate, antiche, ma è un elemento comune a tante civiltà sparse per il mondo. L’uso di materiali poveri come la terracotta, sufficientemente resistenti a contenere preziose monete, ma pronti per essere rotti alla bisogna, sono uno dei tratti distintivi di questi oggetti. Volutamente panciute per contenere molto, dotate di un’unica apertura, una fessura che permette l’inserimento del denaro, le musìne sono tutt’ora un oggetto che guarda al futuro; si risparmia con l’idea di poter, un domani, realizzare un sogno, un desiderio, un progetto o, talvolta, anche solo un capriccio. Dentro a quel volume, dentro a quello spazio scuro sappiamo cosa c’è: denaro sonante per lo più. Ce ne accorgiamo man mano che lo riempiamo poichè il tintinnìo contro le pareti cambia diventando sempre più sordo e pesante, la prova che stiamo facendo un bel lavoro.