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Intervista a Marco Martalar

Anna Zaccaria
Anna Zaccaria
31 luglio 2025
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Intervista a Marco Martalar

Marco Martalar è uno scultore dell’Altopiano di Asiago, la cui arte è diventata un simbolo potente di resilienza e rinascita.

Sebbene la sua carriera sia iniziata anni fa, la fama è arrivata dopo la tempesta Vaia, quando ha iniziato a trasformare il legno degli alberi abbattuti in opere monumentali.

Ho avuto il piacere di incontrarlo per un caffè, e la sua mitezza e timidezza quasi contrastano con la forza dirompente e la magnificenza delle sue creazioni.

Marco Martalar e il Drago Vaia Regeneration - Lavarone (TN)

Marco Martalar e il Drago Vaia Regeneration - Lavarone (TN)

Marco, prima di addentrarci nel tuo percorso artistico, c’è un ricordo d’infanzia o un momento particolare che credi abbia in qualche modo prefigurato la tua passione per l’arte?

Assolutamente si! Fra la seconda e la terza media sono andato a Roma con i miei genitori; entrato a San Pietro, sulla destra ho visto la Pietà di Michelangelo e ne sono rimasto assolutamente sconvolto. Non sapevo nulla di arte, di scultura, di Michelangelo. Quella statua era la perfezione, e dentro di me ho pensato che la massima realizzazione dell’uomo poteva trovarsi solo nella creazione di una cosa così bella.

Qual è stato il tuo percorso formativo e poi artistico?

Non ho fatto nessuno studio d’arte. Vivendo in Altopiano non sapevo neanche esistessero studi dedicati all’arte e tra l’altro non ne avevo neanche la possibilità. Non andavo bene a scuola però devo dire che mi piaceva molto disegnare. Ho fatto tantissimi lavori da operaio meccanico a giardiniere e con il senno di poi posso dire che tutti oggi mi sono utili per realizzare le mie opere.

L'Haflinger - Strembo (TN)

L'Haflinger - Strembo (TN)

Sei diventato famoso dopo la tempesta Vaia, e prima?

Nel 2018, facevo già l’artista scultore e vivevo delle mie opere. Certo, sappiamo bene che quello dell’artista è un lavoro difficile che non dà continuità e non nego che in alcuni momenti è stato difficile. Fin da ragazzo disegnavo e scolpivo per hobby. Nella mia prima fase artistica, scolpivo su tronco: selezionavo pezzi di legno grezzo che mi evocavano immagini speciali e su quei pezzi realizzavo ciò che la mia mente immaginava. Molto spesso erano visi e busti di donne, bellezze eteree... Ad un certo punto, mi sono accorto che solo attraverso la scultura riuscivo a realizzarmi appieno, e così mi sono dedicato completamente. Il salto di qualità l’ho fatto in quel momento, perché l’arte e la scultura richiedono una manualità che va imparata e allenata. Se lo fai tutti i giorni, il miglioramento è evidente, e così è stato. Con le prime esposizioni, ho capito che quello che facevo era molto apprezzato.

Cerva Malga - Millegrobbe (TN)

Cerva Malga - Millegrobbe (TN)

Qual è stata la prima opera realizzata con i legni di Vaia e in che modo questa tempesta ha cambiato il tuo modo di fare scultura?

Molti pensano sia stato il Drago, ma in realtà la primissima opera è stato il Leone Alato. La tempesta Vaia ha distrutto le nostre foreste a fine 2018, e all’inizio del 2020 eravamo tutti a casa a causa del Covid. Nelle mie passeggiate nei boschi devastati, ho cominciato a pensare che tutto quel legname potesse essere riutilizzato per la mia arte. Così, in quei mesi, ho prima disegnato e poi realizzato il Leone Alato, simbolo del Veneto. Appena ultimato, l’ho proposto alla Regione Veneto che lo ha esposto a settembre del 2021 in occasione della Mostra del Cinema di Venezia. È un’opera di 3 metri di altezza, non è stata commissionata e non è venduta. Attualmente è a casa mia, ma spesso viene esposta in occasioni speciali; l’estate scorsa, ad esempio, era a Jesolo.


Nel primo periodo dopo Vaia, prendevo i tronchi spezzati e li scolpivo, ossia toglievo materiale legnoso per trasformare l’oggetto. Poi, però, ho realizzato che il legno a disposizione era veramente tantissimo e che poteva essere assemblato insieme per comporre qualcosa di nuovo. Se ci pensiamo, è sempre scultura: con la pietra, il marmo, il legno, la scultura ‘toglie’; con la creta e i metalli, la scultura ‘aggiunge’ per formare. Ora, come artista, voglio aggiungere! Quando ho iniziato a costruire il Leone Alato, non sapevo come fare; ho studiato dalle opere in metallo e ho creato il mio metodo, costruendo prima una struttura interna in grado di sostenere tutto l’esterno. Con le altre opere, ho poi raffinato sempre più questo modo di costruire.

Spesso il percorso degli artisti è costellato di sfide e momenti difficili. È capitato anche a te? E poi è arrivato il Drago di Vaia...

Momenti difficili ce ne sono stati, ma una volta scelto questo percorso, la mia determinazione e il mio carattere mi hanno aiutato a non mollare. In fondo, se ci pensiamo, impariamo a nuotare solo nel momento in cui molliamo il salvagente e quindi crediamo fortemente di potercela fare da soli. Finché ti aggrappi a qualche altro lavoro o a qualche altra soluzione, non impari a concentrarti per realizzare il sogno.


Poi è arrivato il Drago, che è stata la prima opera commissionata da un ente pubblico e destinata a tutti. Ciò di cui vado particolarmente orgoglioso è che le mie opere hanno creato nuovi pretesti per visitare le montagne dell’altopiano e del Trentino. Le mie sono opere effimere, non durano per sempre, sono destinate alla rovina sia a causa della stessa Natura sia a causa dell’uomo. E questo è uno stimolo importante per andarle a vedere magari in diversi momenti, perché la loro bellezza cambia con l’alternanza delle stagioni.


Gli stessi enti locali ti permettono di installare queste opere proprio per la loro temporaneità...

Abbiamo visto tutti l’incendio doloso del Drago. Come hai vissuto quel momento e come è nata l’idea del nuovo Drago?

L’incendio è stato doloso causato però da una persona con disturbi psichici. Per me è stato uno shock, non pensavo che l’opera potesse essere oggetto di dolo intenzionale. Devo dire però che proprio vedendo le poche assi rimaste dall’incendio ho subito pensato che lo avrei ricostruito ancora più grande.


Il nuovo Drago è la mia opera più grande è tutto nero proprio per mostrare la sua rinascita dal fuoco. Per realizzarlo ho utilizzato i pochissimi resti bruciati del primo Drago e poi ho volutamente bruciato tutti gli altri legni per creare quell’effetto nero.


È volutamente arrabbiato, come lo ero io in quei momenti iniziali, perchè è rinato dalle ceneri, non è morto!

Drago Vaia Regeneration - Lavarone (TN)

Drago Vaia Regeneration - Lavarone (TN)

Come funziona il tuo lavoro di assemblaggio e quali sono le maggiori sfide che incontri?

Tutta la parte preparatoria avviene nel mio laboratorio. Cerco di creare le varie componenti prima del montaggio, ma non sempre è possibile, molto dipende dalle dimensioni dell’opera. Le teste sono le parti più delicate, per cui le compongo sempre a casa. Poi dipende molto dal luogo dove devo assemblare, dalla distanza, dalla stagione. Non è facile né decidere di assemblare tutto in loco né trasportare l’opera già fatta.


Con il nuovo Drago, ad un certo punto, ho temuto di non riuscire a raggiungere il luogo dell’installazione perché il bilico che lo trasportava ha avuto grandissime difficoltà a passare attraverso un ponte. E poi, devo dire che a me piace molto lavorare in solitaria, e in quei luoghi tantissimi sarebbero stati gli escursionisti curiosi di vedere l’opera in creazione.

Le tue opere sono sottoposte ai vari agenti atmosferici, non hanno bisogno di manutenzione?

Come dicevamo prima sono opere effimere, finora però non sono mai dovuto intervenire fatta eccezione per una delle ali dell’Aquila che si era rotta a causa di una tromba d’aria.

Quando hai realizzato che le tue sculture stavano diventando un simbolo così potente di resilienza e rinascita per intere comunità?

Per me è stata sicuramente una grande sorpresa, ne sono molto felice, come sono anche consapevole della responsabilità del mio ruolo di artista legato alla natura.


La Natura ci sta sorprendendo ancora una volta. Nei luoghi della devastazione stanno crescendo tantissime piante nuove con una biodiversità che non c’era prima all’interno dei boschi di abete rosso. In più ora a distanza di 7 anni trovo ancora del legname perfettamente integro e questo mi fa ben sperare che le mie opere costruite con quel materiale possano resistere ancora a lungo.

Qual è, se c’è, il processo creativo che ti porta alla realizzazione delle tue opere?

Vengo contattato spesso da enti pubblici e privati; in alcuni casi sono io a proporre una mia idea, a volte loro stessi cercano di commissionarmi la realizzazione di un loro progetto. Se il progetto mi entusiasma comincio a disegnare un po’ di bozzetti dell’opera altrimenti, amici come prima.


Il mio stile ora è facilmente riconoscibile ma non voglio fermarmi solo alla realizzazione di animali. In questo momento sono molto attratto dalla componente umana, ho già delle creazioni su questo filone: due mani che si toccano e che riproducono l’immagine della creazione dell’uomo dipinta alla Sistina da Michelangelo (l’opera è a Padova e si intitola Con-tatto) e un mano che esce dalla terra e si staglia verso il cielo.

Orso del Pradel (TN)

Orso del Pradel (TN)

Le tue opere sono grandi e devono essere sicure… ormai sei un ingegnere strutturista.

Per realizzare le opere più grandi mi sono rivolto agli ingegneri per capire bene come strutturare l’interno, è fondamentale per far si che l’opera duri il più possibile senza implodere sotto il proprio peso e sia sicura per i visitatori.


Come dicevamo prima c’è un indotto economico importante legato al turismo che visita queste opere e sulla sicurezza non si scherza.

E quando vedi finalmente le tue opere finite e installate cosa pensi?

Ogni volta è un’emozione unica, sono felice e onorato. Pochi giorni fa abbiamo inaugurato il Cervo di Malga Millegobbe a Lavarone. La location è bellissima. La commissione dell’opera è dei proprietari della malga che hanno avuto l’idea di investire nell’arte per dare ancora più valore alla loro proprietà… in fondo non è quello che accade da sempre in Italia?

Altri progetti?

A Valdobbiadene sto ultimando l’installazione di una nuova opera ma attualmente siamo fermi per dei motivi burocratici, non manca molto ma dobbiamo attendere nuovi sviluppi. Non nego che la burocrazia spesso non aiuta.

E non sei dispiaciuto del fatto che siano destinate a scomporsi?

No, penso che piccoli ritocchi li farò però sono molto curioso di capire come il tempo modificherà le opere. Mi speigo: il grande Drago che era nero perchè i suoi legni sono stati bruciati prima di essere assemblati, ora sta perdendo quel colore perchè la bruciatura si sta staccando e sta riaffiorando il legno integro come se la rabbia si stesse trasformando in nuova vita .. questa è la forza della Natura.

Oltre al legno c’è un altro materiale che ti piacerebbe utilizzare?

No, sono affascinato dal legno.

Marco Martalar

Marco Martalar

E lavori sempre da solo?

Quasi sempre. Qualche volta chiamo qualcuno che mi aiuta con i pezzi pesanti.
C’è una sorta di intimità che si crea con l’opera. Io non ho fretta. Il mio lavoro è molto legato al tempo atmosferico, ci sono dei giorni in cui mi dedico alla ricerca dei pezzi, altri in cui compongo. Io decido giorno per giorno. Ieri sono andato nel bosco a prendere dei larici che una slavina aveva spezzato perchè io uso solo alberi già caduti.

Un ultima domanda che cosa diresti al Marco Martalar bambino?

Non gli direi nulla ... Ero un bambino timido, amavo la solitudine (la montagna un po’ ti porta a stare per conto tuo) e soprattutto amavo tantissimo giocare con i lego … vedi che poi tutto torna? A scuola non ero bravo… forse avrei dovuto impegnarmi di più…

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L'autore

Anna Zaccaria

Mille cose da fare ma non si tira mai indietro, troppo buona ma con grinta da vendere. Amante dei numeri, Anna è una vera esperta delle logiche e stratega del web marketing. Ha maturato una lunga esperienza nella gestione di progetti complessi di comunicazione digitale, mirando sempre alla concretezza e ai risultati.