CULTURA

Mi parlo Veneto

Marco F. Zonta
Marco F. Zonta
27 aprile 2023
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Mi parlo Veneto
Nella top ten delle cose che mi fanno venire i “penoti alti” e borbottare tra me come una betonega d’altri tempi la prima è sicuramente quando mi dicono che il mio cognome lo dovrei pronunciare “all’italiana”, usando cioè quell’imperiosa e politicamente corretta “Z” da cugino della Tedeschia. Leggere Zonta come si farebbe per parole come “Zimmer” o “Zitronen” proprio non mi va giù e mi dispiace che ci siano miei corregionali che la preferiscano al bel suono dolce della nostra “z alla veneta” (che si legge come la “s” di “vaso”) con cui per centinaia di anni venivano chiamati non solo i miei avi, o i Zilio, i Zaltron, i Zanatta, … ma anche i Xamin, i Xotta, i Xeno. Insomma personalmente farmi chiamare all’italiana storpiando l’antico nome dei me veci, oltre che poco rispettoso, mi sembra anche una roba “da poro gramo” che si vergogna della propria cultura … e quindi evito. Ma a darmi genuinamente fastidio è anche quando un fighetto, mi arriva davanti e, con un fare da snob, mi dice: “Ma tu parli sempre in dialetto?” 
“Anca massa!” Rispondo sempre. “Sì! Me piaxe parlar e anca scrivar … en veneto! E lo faccio nelle mails, nei socials e perfino nel whatsapp in cui da tempo ho domato il T9 del telefonino.” 
Ovviamente il tal tipetto di prima, non contento, insiste allora con il: “Guarda che il veneto non è mica una lingua sai!”
Ah beh! Questo mi fa quasi arrabbiare! E sapete perché? Perché IL VENETO … È LINGUA SI’! Il nostro idioma non solo viene LEGALMENTE RICONOSCIUTO a livello regionale, interregionale ed internazionale, ma è persino catalogato con un codice ISO a livello mondiale e, dal 1999, considerato lingua a tutti gli effetti niente meno che dall’UNESCO. La Repubblica italiana però non lo fa perché, testualmente dice che, in Veneto c’è: «l’assenza di ogni evidenza di tipo storico o sociologico che rilevi nella popolazione del territorio veneto connotati identitari.»
Semplicemente pazzesco! Noi veneti siamo uno dei popoli più vecchi del Mondo. La nostra arte rappresenta 1/6 del patrimonio artistico mondiale, per 400 anni abbiamo avuto uno degli Stati più potenti d’Europa e … l’Italia mi vuol far credere che in 3000 ani di storia documentata noi non abbiamo mai avuto una nazione e che sempre abbiamo parlato in dialetto? E mai una lingua nostra?” E comunque Lo so, forse è proprio una battaglia persa dire alle persone che “mi parlo veneto” è molto meglio del “mi parlo in diaeto” e così mi devo fermare a quella supplica che in questi casi rivolgo regolarmente al cielo: “Scusi Capo … a quando l’Apocalisse?”
Comunque sia, la settimana scorsa mi sono ritrovato con i compagni delle superiori in una casara sulle colline di Romano d’Ezzelino. Un bel posto rifornito di cucina, griglia esterna ed una sala con una trentina di posti a sedere. La giornata era splendida, la brace pronta e in tavola c’erano gli asparagi di Bassano e i radicchi di Treviso e … tanto vino, soprattutto prosecco. 
“Dai Zonta … bevito un gioso?” Mi fa uno dei ragazzi.
“No poso!” Ho risposto io. “Co l’alcol go dei precedenti e proprio no o tegno pì!”
 “Ma almanco un spris pa far un brindisi!” Mi fa un altro. “Dai!”
Insisto col mio “meio de no” finché uno di loro, allungandomi un calice, mi guarda dritto negli occhi e, tirando fuori da tempi immemorabili la sfida a cui mai – e dico mai - dai tempi di Achille e Menelao ai giorni nostri nessun veneto si è mai tirato indietro, mi lancia il famigerato “G.B.G.O.”!
Sia mai detto! Al G.B.G.O. (acronimo del Gnanca Bon Gnanca Omo), aziono le papille gustative, alzo il bicchiere, butto giù d’un fiato il nettare delle nostre terre … e dopo un istante, manco a dirlo, mi viene il sorriso da ebete, la palpebra calante e un sonno intercontinentale.
“Ciò ragassi …” Sento la comitiva ridere mentre un attimo dopo dico: “No go gnente … me buto xo n’atimo in machina!”
Insomma dopo due minuti che sono lungo disteso sul sedile posteriore della mia auto sento un “Tok tok” provenire dal finestrino. “Ancora sinque minuti e rivo!” Dico con gli occhi ancora chiusi.
 “Dai ndemo! Tirate su!” Mi fa una voce profonda fin troppo bene conosciuta. “Che i te speta dentro!” 
Quando credo di aprire gli occhi mi ritrovo improvvisamente a lato di Antenore, il mitico capostipite dei Veneti. Mi guardo attorno: la casa è quella, le colline pure … ma i miei compagni di scuola mi sembrano diversi. “Ciò Zonta … varda!” Mi fa l’eroe troiano, mostrandomi dal suo telefonino alcune frasi in un alfabeto antichissimo. “Ste qua xe sta scrite in lingua venetica e xe antiche de quasi 3000 ani. Molto tempo prima che, come tuti i popoi europei per capirse tra de lori, anca i veneti i scominisiase a scrivar en latin … un poco come faxì voialtri ndeso co l’inglese.”
“Già.” Rispondo io un poco saccente. “E dal latino sono nate poi tutte le lingue moderne come il Francese, lo Spagnolo, il Catalano, il Veneto e anche il Toscano, da cui poi è nata la Lingua ufficiale dello stato italiano.”
“Bravo Zonta!” Dice ridendo. “E ndeso entra che te go montà na bea festa piena de me amighi … leterati!”
Seguo Antenore dentro a quella che fin poco prima era la sala da pranzo per ritrovarmi improvvisamente in una piccola fiera con alcuni stands pieni di libri antichi attornianti da tanti scrittori veneti che, nelle varie parlate locali, chiacchierano tra loro. Girando attorno alla stanza vedo che dal 1300 ai giorni nostri i testi scritti in veneto sono tantissimi: ci sono indovinelli medievali, libri di sonetti, di satire, di cronache di guerre, di teatro, di relazioni governative e diplomatiche, canzonieri rinascimentali e traduzioni in veneto di opere come l’Inferno di Dante e l’Odissea di Omero. 
“Vien che te voio far conosare un toscan.” Mi fa Antenore puntando alla griglia. “O ghemo ciamà par far e fiorentine come se deve.”
Davanti al barbecue vedo il sommo poeta: Dante!
“O vate!” Dico io. “Cos’è sta storia che quella toscana diventa la lingua italiana e quella veneta è un dialetto?”
“Icchè tu vvoi!” Mi fa il guelfo rosso vestito. “L’hò scritto nero su bianco nel mi libro, il De vulgari Eloquentia del 1305: il Venetho l’è una lingua vera e propria. O grullo! Va in biblioteha e te ttu vvedi! cheppoi in venetho scrivevathe almeno scent’anni prima che da nnoi in Toscana!”
“Ma Antenore!” Dico al mio etereo accompagnatore. “Se anche Dante dice che il Veneto è una lingua … perché tutti dicono che è un dialetto?”
“Eh Zonta caro!” Mi fa. “Quel baucometro che ciamè television, decenio dopo decenio, ve ga imbastardio el serveo. Co i so filmeti i ve ga convinti che noialtri veneti semo tuti rasisti, gnoranti e mbriagoni. E voialtri, pori mone, ghe gavì creduo. E deso che in cità si tuti dotori e gavì do schei in banca, parlate l’italian come dixe i Los Massadores, perche volette tutti distinguervi dalle masse e ve sentitte catati fora.” 
“Conosci i Los Massadores?” Dico ridendo.
“A ghe mancaria anca altro che no i conosesse. Xe grasie a xente che canta in veneto come i los, Herman Medrano, i Rumatera, i Pitura Freska e, Radio Fiera … a bei tipi come El Canal e Tony Sugaman che a nostra bea Lengua se rinfresca! I xe ancora in tanti quei che ga orgoglio de a so cultura, caro da dio. Forse manco nee cità, ma nei saloti aristocrateghi, ne i saloni dee ville venete, nee nostre campagne, nei monti e nee coste a nostra Lengua Mare fiorise tuti i dì come un bel persegaro en primavera.”
Mi par di sorridere quando all’improvviso sento la porta della macchina aprirsi. 
“Amor … tuto ben?” La voce di Erika mi riporta alla realtà e mi sento più sollevato mentre penso a quel Querini che già nel 1500 diceva: “No ve smaravigiè se parlo e scrivo a sta foza, a sto muodo e no toscan perché se no ‘l savé, so Venetian e in altra lengua no so se sia vivo”.
 “Te ghe raxon Querini caro! Xe proprio vero: Bea a Toscana …” Dico a voce bassa con lo sguardo sul canyon che da Bassano va a Trento. “… ma vuto metar a ValSugana!” 
E … P.S. Par piaser che qualcheduni convinsa el me comerciaista a cambiar a so segreteria teefonica. Che farse ciamar Xauxa con la “ks” proprio no se poe sentir.

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L'autore

Marco F. Zonta

Classe ’71, bassanese. Laureato in lettere e Arte al Ca’ Foscari di Venezia è uno studioso sfegatato di Storia e Cultura Veneta che da oltre vent’anni idea, crea e sviluppa progetti multimediali (portali e siti web, video sperimentali, documentari, guide cartacee multilingua, libri e riviste) legati al mondo dell’intrattenimento giovanile. Profondo conoscitore dell’Emigrazione Veneta ha vissuto e lavorato per oltre un decennio all’estero mantenendo stretti contatti con le nostre comunità in Australia, Brasile e Argentina e collaborando con diverse Università e Centri Culturali sudamericani. Da un anno ha pubblicato un simpatico libretto illustrato composto da oltre 100 pillole su Storia, Cultura e Tradizioni Venete (on line si trova su www.venetoeveneti.com). Il 1° di marzo, in occasione del Capodanno Veneto (Cao de Ano o Batimarso), Marco inaugura CEA VENETIA wwww.ceavenetia.org, un’associazione culturale che ha come obiettivo far conoscere al mondo l’enorme patrimonio storico-culturale veneto attraverso innovativi progetti multimediali leggeri e comunicativi.