CULTURA

Mi sò Veneto!

Marco F. Zonta
Marco F. Zonta
28 marzo 2023
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Mi sò Veneto!

Mi sò veneto! Mi parlo Veneto! Mi vivo in 3Veneto+!


Lo so, sono esagerato! Quando sono all’estero non vedo l’ora che qualcuno mi chieda se sono italiano per aprire bene le spalle, sfoderare un sorriso da 32 denti e rispondere fiero: “Mi so’ Veneto ciò! I’m Venetian! I’m from Veniceland.” Certo... sicuramente farei lo stesso anche se fossi, chesso’, siciliano, napoletano o sardo e amassi in modo altrettanto sfegatato la cultura dei miei avi. Ma già che ho avuto la fortuna di nascere in questo bel posto pieno di storia, arte e bella gente, non posso che essere orgoglioso delle mie origini... delle mie radici venete.

Ogni tanto però trovo anche l’italiano che mi fa sarcastico: “Ma il Veneto non è mica più in Italia?”

“Certo!” Faccio io. “Ma a te piace più il minestrone o il passato di verdura?”

Voi non lo sapete ma la nonna Silvia ci teneva così tanto al suo minestrone che ogni volta che me lo preparava faceva prima l’appello alle sue verdure come fanno gli insegnanti con i bambini a scuola. “Vien qua bocia.” Mi diceva. “Vedito sti pomidori? Xe de el me orto. E teghe me e ga portae to amia Lala. I bixi i vien da to’ barba Renso che xe stà al mercà de Borso, el poastro pa el brodo riva de me compare Lino...” Insomma la nonna, ogni volta, attraverso la minestra di verdura, mi snocciolava la carrellata di nomi di amici e parenti di cui poi inevitabilmente riuscivo a vedere i loro volti e sentirne perfino le voci. “Ognuno ga el so gusto.” Continuava. “Xe proprio questo el beo e el bon de a me minestra de verdura.” Ecco, per me l’Italia, l’Europa e il Mondo sono come la minestra de verdura de me nona Silvia. I gusti mi piace sentirli separati per apprezzarli per quello che sono... anche se sono tutti dentro la stessa pentola chiamata “umanità”. In sintesi, io mi sento europeo, italiano ma soprattutto Made in Veneto. Va ben?!

“Beh, che ci sarà da essere tanto fieri”. Mi fa ieri un altro bel tizio in cerca di rogne. “Sei Veneto solo perché sei nato in una Regione che si chiama Veneto. Tutto qua.”

Ovviamente alla provocazione non ci faccio più di tanto caso ma la notte stessa, mentre sono a letto e sto già per prendere sonno... “Bzzz!” un suono metallico improvvisamente comincia a frullarmi dentro la testa. All’inizio faccio finta di niente e mi giro dall’altra parte. Ma poi, col ripetersi insistente dei “BZZZ! BZZZZ!” il mio subcosciente, che dal mese scorso - grazie ad un paio di neuroni intraprendenti - si è modernizzato, mi fa trovare in piedi con una cornetta appoggiata all’orecchio. “Chi è?”

“Ciò Zonta gheto meso el citofono al serveo? Vien xò dai che so mi... Antenore!”

Non faccio a tempo a grattarmi una chiappa e a paciolare un po’ con la bocca che mi ritrovo teletrasportato davanti al mitico Padre dei Veneti in versione da super ciclista hi-tech. Al suo fianco ha una bici sottilissima in carbonio nero lucente. Io invece mi vedo ancora in pantaloni del pigiama e maglietta della salute.

“Ciapà qua!” Mi fa allungandomi un caschetto rosa da bicicletta. “Ndemo a fare un giro che go da farte vedare un paro de robe!”

Sul momento spero almeno che abbia portato anche per me una bicicletta decente, meglio se elettrica, ma niente: mi indica una Graziella sgangherata anni ’80. Guardo Antenore. “A chi a gheto ciavà?”

“I me a ga prestà!” Mi fa lui in modo poco convincente. “Dai monta che ghemo da fare 5500 ani in sie tape! E sta tranquio che ne i sogni non se fa fadiga, e gnanca se sua. Ndemo dai!”

Dal detto al fatto eccomi in sella della mitica Graziella a pedalare per un bel po’ tra boschi fittissimi ed acquitrini lucenti lungo un sentiero pieno di sassi e buche.

Prima tappa 5500 anni fa: “Varda!” Mi fa’ Antenore inchiodando a lato di un tizio vestito di pelli alla Fred Flintston. L’uomo ha in mano un rudimentale martello e sta incidendo delle lettere su una pietra piatta.

“VENET KENS” Dico leggendo le parole di un alfabeto antichissimo.

“Semo a Isola Vicentina. Sto omo xè sta el primo che ga scrito el nome dee nostre xenti.” Mi fa l’eroe troiano. “A chel tempo i Popoli de el Mediteraneo i xera i Etruschi, i Fenici, i Achei... ma noialtri, e soeo noialtri, tra de lori, ghemo conservà el nostro nome intato ne i mileni. Visto? Bom. Dai ndemo vanti!”

Risaliti in bici riprendiamo a pedalare a lato di piccoli villaggi circondati da fossati a nord di un fiume enorme che i Veneti dell’Età del Bronzo chiamavano Eridano (il Pò). Sotto le nostre ruote passano veloci i millenni finché lasciato il sentiero prendiamo una strada perfettamente lastricata.

Seconda tappa: 2000 anni fa: Appena entriamo in un grande centro urbano che dopo Roma, è per ricchezza la seconda città dell’Impero, Antenore mi guarda e strizza l’occhio. “A go fondà mi tanto tempo fà!” Siamo nella Patavium Civitas, l’antica Padova.

“Ma quelli non sono Tito Livio e Catullo?” Dico puntando il dito verso i due famosi letterati vestiti in toga.

“Si. I xe Veneti... e anca sitadini romani. A l’anagrafe de l’Impero Romano i ne ciama Gens Veneti.” Mi risponde veloce. “A chel tempo, ma anca prima, i xe in tanti a scrivare de noialtri... anca Omero ne l’Iliade!” Mi guarda e ride. “Dai ndemo vanti! Ghe xe tuto il Medioevo e il Rinasimento da far e a to sveia sona ae sete e mexa.”

Terza tappa: 1000 anni fa: Riprendiamo a pedalare sopra alcuni isolotti della laguna veneta quando tra le future calli di quella che originariamente si chiamava prima Rivus Altus e poi Nova Venetia, ci appaiono due uomini. “Queo vestio da prete co a pena in man xe l’ambasiator veneto Johannes Diaconus! Xe drio scrivare a Istoria Veneticorum. Parla de noialtri Veneti dal 568 fin a l’ano mie. E chealtro co a bareta rossa in testa (il corno ducale) xe el Doge!” Mi fa Antenore. “El xe el Venetiorum Ducem, che tradoto da el latin a vol dir proprio el Capo de i... Veneti”.

Con l’orologio spazio-temporale dentro la mia testa che ormai segna il 1800 d.C., una volta lasciata la laguna, riprendiamo a correre veloci tra le città di quella che appena tre anni prima si chiamava ancora la Serenissima Venetiarum Res Publica. Poi, davanti ad una grande insegna con lo stemma degli Asburgo ci fermiamo di nuovo.

Quarta tappa: 208 anni fa: “Varda queo!” Sul cartello leggo: “Osterreich Lombardisch-Venetienanisches Konigreich”, la cui traduzione letterale dal tedesco è Regno Austriaco dei Lombardi... e dei Veneti. “Vedito?” Mi fa la mia guida onirica. “I mileni i pasa ma el nome dee nostre genti no i cambia gnanca soto i cugini austriaghi”. Lui lo sa ma non lo dice: saranno proprio i nostri vicini d’oltralpe gli ultimi a riconoscere quella Veneta come nazione a tutti gli effetti. Antenore sterza veloce e si rimette a correre. “Movate dai!”

Quinta tappa: 157 anni fa. “Semo quasi rivai aa fine.” Dice la mia guida mentre passiamo sotto alla bandiera tricolore con lo stemma sabaudo in mezzo. “En el 1866 el re Savoia dixe che no semo pì un Popolo e xa che ghe xera i ne ga diviso in Veneti Euganei, Veneti Giuliani e Veneti Tridentini”. Dice a bassa voce Antenore. “Smontemo và!”

Con le biciclette portate a mano dopo pochi metri le parcheggiamo sulla rastrelliera della mia mente. Siamo nel 1948 e ora la bandiera tricolore non ha in mezzo al bianco più nessuno stemma.

Traguardo: 75 anni fa. “Eco semo rivai, Zonta...” Mi dice togliendosi il caschetto e puntando il dito su tre bandiere raffiguranti rispettivamente un leone alato, un’aquila dorata e quattro piccole aquile nere e rosse. “Co i Veneti divisi a dar el nome a tochi de tera che na volta i xera tacai: e tre Region de a Republica Italiana!”

“Ho capito!” Rispondo io guardandolo negli occhi. “I Veneti Tridentini sono quelli che hanno dato il nome alla Regione Trentino. I Veneti Giuliani alla Venezia Giulia... e quindi i Veneti Euganei a quello della Regione Veneto!”

“Gheto capio bocia ndeso?” Antenore mi guarda con un’espressione furba in volto. “E ti te ghe credi che ti si Veneto perché te ghe el steso nome de na region italiana... nata pena 75 ani fa?”

La mia guida onirica sta per svanire quando il bi-bi-bi-bip! della sveglia mi riporta alla realtà. Ore: 7’30. Apro gli occhi, allungo il braccio e la spengo: “Gnanca par sogno Antenore caro... e manco da sveio!”

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L'autore

Marco F. Zonta

Classe ’71, bassanese. Laureato in lettere e Arte al Ca’ Foscari di Venezia è uno studioso sfegatato di Storia e Cultura Veneta che da oltre vent’anni idea, crea e sviluppa progetti multimediali (portali e siti web, video sperimentali, documentari, guide cartacee multilingua, libri e riviste) legati al mondo dell’intrattenimento giovanile. Profondo conoscitore dell’Emigrazione Veneta ha vissuto e lavorato per oltre un decennio all’estero mantenendo stretti contatti con le nostre comunità in Australia, Brasile e Argentina e collaborando con diverse Università e Centri Culturali sudamericani. Da un anno ha pubblicato un simpatico libretto illustrato composto da oltre 100 pillole su Storia, Cultura e Tradizioni Venete (on line si trova su www.venetoeveneti.com). Il 1° di marzo, in occasione del Capodanno Veneto (Cao de Ano o Batimarso), Marco inaugura CEA VENETIA wwww.ceavenetia.org, un’associazione culturale che ha come obiettivo far conoscere al mondo l’enorme patrimonio storico-culturale veneto attraverso innovativi progetti multimediali leggeri e comunicativi.